La sua formazione artistica avviene a Padova e a Venezia, poi insegna nella Scuola d'Arte della sua città. Trasferitosi a Roma, nel 1935 parte volontario per l'Etiopia dove incontra Marinetti. L'anno dopo si avvicina al gruppo futurista padovano -ormai in via di scioglimento - e trasforma i bozzetti registrati sui campi di battaglia in tele di grandi dimensioni che il fondatore del Futurismo definisce opere "battagliste". Il suo "Combattimento di Debrambà" viene acquistato da Mussolini.
Degli stessi anni sono i contatti con il futurismo napoletano, grazie anche ai rapporti epistolari con la personalità locale di spicco, Emilio Buccafusca. Partecipa inoltre alle collettive del gruppo futurista detto "Savarè" a Monselice. In occasione della Biennale veneziana del 1942 espone, come unico rappresentante del movimento d'avanguardia padovano, le sue pitture di guerra ispirate al "Poema Africano" di Marinetti risalente al 1938.
Pittore, disegnatore e acquafortista dal 1936 al 1943 è presente alle Biennali di Venezia (ad eccezione del 1940) e alle Quadriennali di Roma.
Nel dopoguerra non si hanno molte notizie sulla sua produzione, abbandonata la breve ma intensa stagione futurista, si dedica al paesaggio, alle figure, alle composizioni di fiori e a temi di carattere sacro, esponendo per l'ultima volta nel 1958 a Lissone.
BIBLIOGRAFIA / ESPOSIZIONI
- M. SCUDIERO, C. REBESCHINI, "Futurismo veneto", catalogo della mostra, Milano 1990, pp. 30-33, 55-56, 153-155, 313
- M. D'AMBROSIO, Emilio Boccafusca e il Futurismo a Napoli negli anni Trrenta, Napoli 1991, pp. 63,494, 521-522
- L. LORENZONI, Mario Menin in La Pittura in Italia. Il Novecento/1, Milano 1992, vol. II, p. 970.
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